La testa diventa
pesante, gli occhi cominciano a lacrimare, la mente si annebbia ma istintivamente
continuiamo nel nostro operare. Sempre alla ricerca di qualche informazione
aggiuntiva da immagazzinare, sempre alla ricerca di qualche aggiornamento sul
mondo che ci “circonda”. Acquisiamo e trasmettiamo migliaia di byte a minuto cercando
di restare sempre in contatto con il mondo, (con quel mondo), fatto di tanti
zero e uno alternati secondo un ordine incomprensibile ai più.
La nostra fame
di contattato e comunicazione, che ci deriva dall'essere degli animali sociali,
ci porta a restare sempre in rete. Sempre con in tasca un aggeggio strano che
riceve e trasmette la nostra presenza, le nostre attività , i nostri successi e
insuccessi nella vita. Ogni sensazione ogni emozione e ogni evento viene
trasmesso cosi velocemente sul web tanto da non viverlo pienamente fino in fondo
neanche noi. Esiste ormai una realtà fittizia o come è più di moda ora
“virtuale”, in ogni caso questa realtà dovrebbe essere solo un flebile riflesso
della realtà umana, della realtà tangibile e verificabile ogni attimo con i
nostri sensi. Se ci guardiamo attorno, mentre viaggiamo, mentre camminiamo,
vedremo migliaia di gente che comunica, comunica non più con chi gli sta
accanto ma con persone che stanno lontane, a volte si comunica solo con entità
virtuali per postare qualche nostro evento importate.
Riconosco
l’importanza di questa nuova tecnologia nel comunicare con gli altri, ma sembra
che a poco a poco si stia preferendo la comunicazione tramite questo mondo
virtuale a quella fatta in maniera diretta tra gli esseri umani. Si è in ansia
se non abbiamo il cellulare dietro, si è in ansia se il cellulare non prende,
si è in ansia se non abbiamo la connessione dati. Si è in ansia se non si
riesce a connettersi con il “mondo”, dimenticandoci che il mondo (quello vero)
è a portata di mano, proprio lì davanti a noi. Siamo più spinti a cercare nuovi
contatti, nuovi amici nel web, piuttosto che comunicare con la persona che,
come noi ogni giorno, sta seduta sul sedile di quel treno che ci sta portando
al lavoro. Magari contrariamente a quanto riteniamo, potrebbe essere proprio la
persona a canto a noi che può capirci di più e con il quale magari instaurare
un legame umano. Per pigrizia, imbarazzo o forse solo per timidezza, si
viaggerà per 20 anni sempre sullo stesso vagone con quella persona senza
instaurare mai un dialogo. E’ più facile allacciare contatti via web tramite i
social network, descrivendo un nuovo Io,
creando una maschera che a poco a poco ci sfugge dalle mani e si costruisce da
sola su di noi.
La nostra vita
cosi connessa al mondo, continua quasi indisturbata. E mentre un fiume di byte fluttua tra tutti
noi, Noi ci passiamo a canto con aria disincantata e distratta. Ci oltrepassiamo
distrattamente senza guardarci in faccia, Ognuno di noi preso a controllare il
proprio Avatar nel mondo Virtuale.
Sarebbe bello se all’improvviso questo mondo virtuale crollasse di
colpo, sarebbe bello se come per incanto ci svegliassimo da questo incantesimo
tecnologico e tornassimo ad essere
Esseri Umani. Ascoltare dopo tanto tempo quel silenzio assordante nella nostra
testa, guardarci finalmente in faccia e scoprire lo sguardo dolce di un
bambino, il bel sorriso della ragazza che ci cammina di fronte. Ascoltare le
chiacchiere di vita vissuta delle persone anziane. ascoltare il pianto di un
neonato e l’amorevole risposta della madre. Riassaporare l’odore dell’autunno
fatto di foglie bagnate e ingiallite sull'erba di un parco. Sentire il lontano garrire delle rondini prima della loro partenza invernale e guardarle mentre a stormo
prendono tutte insieme il volo, cosi
tante da creare una macchia scura nel cielo, cosi Ordinate nel muoversi all'unisono da lasciarci a bocca aperta.