martedì 3 gennaio 2017

Connessioni

La testa diventa pesante, gli occhi cominciano a lacrimare, la mente si annebbia ma istintivamente continuiamo nel nostro operare. Sempre alla ricerca di qualche informazione aggiuntiva da immagazzinare, sempre alla ricerca di qualche aggiornamento sul mondo che ci “circonda”. Acquisiamo e trasmettiamo migliaia di byte a minuto cercando di restare sempre in contatto con il mondo, (con quel mondo), fatto di tanti zero e uno alternati secondo un ordine incomprensibile ai più.
La nostra fame di contattato e comunicazione, che ci deriva dall'essere degli animali sociali, ci porta a restare sempre in rete. Sempre con in tasca un aggeggio strano che riceve e trasmette la nostra presenza, le nostre attività , i nostri successi e insuccessi nella vita. Ogni sensazione ogni emozione e ogni evento viene trasmesso cosi velocemente sul web tanto da non viverlo pienamente fino in fondo neanche noi. Esiste ormai una realtà fittizia o come è più di moda ora “virtuale”, in ogni caso questa realtà dovrebbe essere solo un flebile riflesso della realtà umana, della realtà tangibile e verificabile ogni attimo con i nostri sensi. Se ci guardiamo attorno, mentre viaggiamo, mentre camminiamo, vedremo migliaia di gente che comunica, comunica non più con chi gli sta accanto ma con persone che stanno lontane, a volte si comunica solo con entità virtuali per postare qualche nostro evento importate.
Riconosco l’importanza di questa nuova tecnologia nel comunicare con gli altri, ma sembra che a poco a poco si stia preferendo la comunicazione tramite questo mondo virtuale a quella fatta in maniera diretta tra gli esseri umani. Si è in ansia se non abbiamo il cellulare dietro, si è in ansia se il cellulare non prende, si è in ansia se non abbiamo la connessione dati. Si è in ansia se non si riesce a connettersi con il “mondo”, dimenticandoci che il mondo (quello vero) è a portata di mano, proprio lì davanti a noi. Siamo più spinti a cercare nuovi contatti, nuovi amici nel web, piuttosto che comunicare con la persona che, come noi ogni giorno, sta seduta sul sedile di quel treno che ci sta portando al lavoro. Magari contrariamente a quanto riteniamo, potrebbe essere proprio la persona a canto a noi che può capirci di più e con il quale magari instaurare un legame umano. Per pigrizia, imbarazzo o forse solo per timidezza, si viaggerà per 20 anni sempre sullo stesso vagone con quella persona senza instaurare mai un dialogo. E’ più facile allacciare contatti via web tramite i social network,  descrivendo un nuovo Io, creando una maschera che a poco a poco ci sfugge dalle mani e si costruisce da sola su di noi.
La nostra vita cosi connessa al mondo, continua quasi indisturbata. E  mentre un fiume di byte fluttua tra tutti noi, Noi ci passiamo a canto con aria disincantata e distratta. Ci oltrepassiamo distrattamente senza guardarci in faccia, Ognuno di noi preso a controllare il proprio Avatar nel mondo Virtuale.
Sarebbe bello se all’improvviso questo mondo virtuale crollasse di colpo, sarebbe bello se come per incanto ci svegliassimo da questo incantesimo tecnologico  e tornassimo ad essere Esseri Umani. Ascoltare dopo tanto tempo quel silenzio assordante nella nostra testa, guardarci finalmente in faccia e scoprire lo sguardo dolce di un bambino, il bel sorriso della ragazza che ci cammina di fronte. Ascoltare le chiacchiere di vita vissuta delle persone anziane. ascoltare il pianto di un neonato e l’amorevole risposta della madre. Riassaporare l’odore dell’autunno fatto di foglie bagnate e ingiallite sull'erba di un parco. Sentire il lontano garrire delle rondini prima della loro partenza invernale e guardarle mentre a stormo prendono tutte insieme  il volo, cosi tante da creare una macchia scura nel cielo, cosi Ordinate nel muoversi all'unisono da lasciarci a bocca aperta.